La sede della corte capitanale, che fungeva inizialmente da archivio civico, sembra avere preso avvio nel 1587 con il contributo di Antonuzzo Gagini. Si tratta di un edificio istituzionale di un solo piano con un prospetto dominato dall’alternanza di porte e finestre, dichiaratamente riprese dalle incisioni di Sebastiano Serlio. Se l’appalto della costruzione e degli intagli è certamente legato agli epigoni della celebre famiglia, le paraste bugnate laterali farebbero propendere per un progetto redatto da qualche professionista al corrente di quanto si andava realizzando in area messinese.
La corte capitanale
L’edificio venne riciclato nell’Ottocento in “casino di compagnia”, una struttura analoga ai circoli di conversazione o agli elitari caffè dell’alta borghesie. In questo periodo si intervenne con un drastico progetto che ne accorciava l’estensione e spostava indietro l’angolo monumentale.
Un angolo solenne
Sebbene soggetto a una reintegrazione, dopo le demolizioni dovute alla rinnovamento dell’architetto Giambattista Nicastro (1882), l’angolo della Corte Capitanale venne ricomposto rispettando gli elementi e le forme originarie. Nella parasta terminale si trova allocata una colonna libera di ordine corinzio, sovrastata da stemmi e da targhe. Questa concentrazione di emblemi civici e reali segnava un incrocio importante della città: lo snodo tra la piazza della sede giuratoria e la strada che conduceva al quartiere di San Giacomo.
Un angolo solenne
La colonna alveolata ricorre in edifici pubblici e privati di Palermo tra Quattrocento e Cinquecento. La scelta indica una partecipazione al dibattito isolano, e non mancavano in quel momento a Caltagirone personalità (come il carrarese Andrea Calamech) capaci di imporre questo tipo di soluzione.
La chiesa di San Giacomo
La presenza dei Gagini a Caltagirone è verificabile anche all’interno della chiesa basilicale di San Giacomo. Nel transetto si trova il portale delle reliquie, datato 1583 e firmato da Antonuzzo Gagini, figlio di Gian Domenico Gagini. Ulteriori elementi cinquecenteschi testimoniano la presenza continua di un’ottima squadra di intagliatori e scultori, facilmente individuabile nella bottega locale dei Gagini. A quella data la chiesa non aveva ancora assunto l’immagine attuale, i sostegni in pietra di Billiemi sarebbero stati predisposti a Palermo solo nel Seicento e posti in opera molto più tardi.
La chiesa di San Giacomo
Il curioso portalino, con sostegni a candelabra e trattamento policromo, appartiene al XVI secolo e denuncia il possibile incontro dei Gagini con artigiani locali, più propensi a usare questo tipo di forme.
La chiesa di San Giacomo
Il portale laterale esterno, tratto letteralmente dalle tavole di Serlio e certamente ascrivibile ancora al secondo Cinquecento, ed è probabilmente collocato in questa posizione a causa di un rimontaggio attuato dopo il terremoto del 1693.
L’insediamento dei Gagini in città
Il primogenito di Antonello Gagini scelse come ultima meta della sua vita di artista erratico, la città di Caltagirone. Sappiamo che negli anni Sessanta del Cinquecento lavorava, al portale del perduto palazzo comunale. A Caltagirone continuarono la loro attività gli eredi di Giandomenico, in particolare avevano bottega il figlio Antonuzzo e il nipote che portava il nome di Giandomenico Junior. A quest’ultima generazione dei Gagini (mentre i rami della Sicilia occidentale si estinguevano) si devono importanti opere architettoniche, chiese, palazzetti e portali ben identificabili e documentati in questa parte dell’isola tra Caltagirone, si veda qui la chiesa del Carmine, e Piazza Armerina.
L’insediamento dei Gagini in città
Come nella chiesa del Carmine, in molte architetture di Caltagirone, si può registrare la presenza di portali non uguali ma con medesima impostazione e combinazioni differenziate di elementi simili. Si tratta di una delle prove dell’esistenza nel primo XVII secolo di una bottega di intagliatori locali che può essere identificata in quella di Giandomenico Gagini Jr.
Un’architettura che rivela una concentrazione di esperienze
Le grandi e piccole architetture (per esempio le fontane), chiamate a caratterizzare la città del XVI, secolo erano frutto di professionisti che giungevano da vari luoghi d’Italia e di Sicilia. Oggi sappiamo che un complessivo progetto di rinnovamento della parrocchia di San Giuliano si deve all’architetto toscano Bartolomeo della Scala nel 1556. Solo qualche anno dopo (1569) si cominciava la costruzione del collegio gesuitico a opera del gesuita Francesco Costa e si completava la costruzione del palazzo comunale. Le ragioni dell’improvvisa accelerazione di molteplici cantieri, dovuta probabilmente alla necessità di interventi dopo il terremoto del 1542, spiega l’arrivo di molteplici maestri, tra i quali anche Giandomenico Gagini.
Un’architettura che rivela una concentrazione di esperienze
Le fontane monumentali furono progettate agli inizi del secolo successivo dal fiorentino Camillo Camilliani (con il supporto dei Gagini), segnavano come, spesso accade, il raggiunto status di città moderna, dove si era riusciti a completare importanti infrastrutture idrauliche.