La Villa romana del Casale costituisce la pars dominica di un esteso latifondo, incentrato sulla mansio, una stazione di posta dalla struttura articolata, simile a quella di un piccolo villaggio, situata in contrada Sofiana.
Essa era destinata ad accogliere, spesso, funzionari imperiali o militari in trasferimento al praedium, pertinente alla parte padronale fu dato il nome di Filosofiana, come riporta l’Itinerarium Antonini, un elenco di strade dell’Impero romano, nella versione a noi giunta, risalente al IV sec d.C.
La presenza dell’acqua, in questa parte di Sicilia bagnata dal fiume Gela, ha segnato, fin dai tempi più antichi, la nascita di insediamenti urbani e rurali accompagnati da un impiego produttivo del suolo che ha contraddistinto la stessa residenza tardoantica. Le stesse architetture fluide, che ne arricchiscono alcuni ambienti, creano uno stretto legame con il paesaggio naturale circostante.
La Villa del Casale non è il solo esempio, nel territorio ennese, di struttura residenziale impreziosita da mosaici e legata, al contempo, alla produzione agraria. Si segnala infatti, a tal proposito, la villa di Gerace, ad Enna, attualmente in corso di scavo.
La villa romana del Casale: una città in miniatura
Dopo un iniziale abbandono delle campagne avvenuto tra il I e il III secolo d.C., il praedium diviene centro organizzativo durante la ripresa della politica agraria in Sicilia, a seguito della fondazione di Costantinopoli.
Il ruolo centrale assunto dai latifondi e dall’attività agricola, nel quadro economico del tempo, comporta che le ville non siano più considerate lucreziani templa serena, luoghi suburbani riservati solo a brevi periodi di otium, ma anche sede di negotium, vivi centri di interesse e di attività̀ economica. Tale tesi viene avvalorata dal ritrovamento della pars fructuaria della villa, a detta di alcuni studiosi pars rustica, sul lato ovest del piazzale d’ingresso, dove sono stati individuati i magazzini per il deposito di prodotti agricoli. La presenza, inoltre, di spazi di rappresentanza, all’interno degli ambienti della residenza tardoantica sottolinea l’importante ruolo amministrativo e gestionale ricoperto dal dominus così, al negotium, si affianca anche l’officium. Tutto ciò̀ trasforma la villa romana in una città in miniatura, attraverso un trasferimento del macrocosmo cittadino nel microcosmo suburbano, tanto da fare esclamare a uno storico del V secolo, Olimpiodoro Tebano, che le ville «erano come una città, e che anzi contenevano mille città».
L’evoluzione nel tempo
La memoria della residenza tardoantica si è mantenuta viva, attraverso i secoli, con la presenza di molteplici realtà̀ insediative che si sono succedute, sullo stesso lembo di terra irrigato e reso prospero dal fiume Gela, dall’età̀ bizantina a quella normanna. Durante il corso di quest’ultima, a seguito della rivolta dei baroni lombardi, feudatari in questa parte della Sicilia, avvenne la distruzione da parte di Guglielmo I il Malo dell'originario nucleo abitativo dell’antica Piazza, identificato, tra le varie ipotesi, con l’insediamento medievale sorto sulle rovine della villa. Fu nel 1163 che si costituiì il nuovo centro fortificato, nell’attuale sede di Piazza Armerina, per opera dello stesso re normanno.
Tali vicende, sebbene abbiano affievolito la trasmissione dell’eredità culturale di questo sito, colpito non solo dalla depressione demografica e dallo spopolamento delle campagne registrati in Sicilia durante il tardo XII secolo ma anche da cause naturali, come il terremoto del 1169, non sono state sufficienti a impedire una ulteriore riorganizzazione dell’abitato. La ripresa si registra a fine XV secolo, con un gruppo di piccoli insediamenti, a carattere agricolo, da cui ha tratto origine l’odierna denominazione di “Casale”.
Il precoce abbandono della contrada e i ricorrenti strati alluvionali colmi di detriti, provocati dalle esondazioni del corso d’acqua, che scorreva alle spalle dell’abitato individuato con l’attuale torrente Nociara, ne confondono l’identità̀ storica a tal punto da disorientare anche alcuni studiosi che, a partire dal 1600, denominano il sito archeologico come “Casale dè Saracini”.
Un dominus di alto rango
Gli ambienti e le scene raffigurate nei mosaici della Villa romana del Casale interpretano, in modo eloquente, il profilo che doveva contraddistinguere la figura del dominus, tanto da convalidare alcune tesi avanzate, nel corso degli anni, dagli archeologi. È verosimile, infatti, affermare che la residenza tardoantica, per la sua magnificenza, rifletta la complessità della vita e le attività di un personaggio di elevata condizione sociale, che ha commissionato, al suo interno, un percorso dal carattere pubblico contrapposto ad un secondo, destinato alla sfera privata. La possibilità che la struttura della residenza tardoantica sia stata realizzata in breve tempo o che, sia stata ampliata rispetto al nucleo originario in una fase, di poco, successiva, non è da escludere. Le sue stanze, pervase da scene mitologiche, realistiche e di genere, offrono al visitatore la dimensione di una civiltà̀ ricca di cultura e dedita alla celebrazione dell’impero.
Un repertorio figurativo non lasciato al caso
Il programma decorativo, rappresentato nei mosaici pavimentali della villa romana del Casale, rivela un preciso intento autocelebrativo del suo committente. I soggetti, che animano alcuni ambienti, sono accomunati da tematiche legate alla vittoria del bene sul male o a quella della ragione sulle passioni irrazionali.