Tra Cinquecento e Seicento gli alvei delle fiumare furono irregimentati per ottenere nuovi spazi edificabili lungo gli argini. Il processo fu lento e oggi è ricostruibile solo indirettamente, seguendo la storia di singole fabbriche, ma finì per determinare effetti di lunga durata, contribuendo a segnare una sostanziale dicotomia tra la Modica moderna del “Corso” e la città medievale. Così nel 1808 Paolo Balsamo descriveva la città: “le strade sono tutte scabre ed alpestri, all’eccezione delle principali, che costeggiano i due borri...”.
La “strada maestra”
Tra i protagonisti della nuova avventura urbana ci sono certamente i Gesuiti. La fondazione del loro collegio necessitava di ampi spazi pianeggianti, ma anche di una posizione centrale e intermedia tra le chiese rivali di San Giorgio e di San Pietro. Queste esigenze resero pressoché inevitabile la scelta del luogo.
Come i palchi in un teatro
Nel corso dei primi decenni Seicento molteplici cantieri erano in corso e stavano contribuendo in concerto a restringere gli argini dei torrenti e a definire l’asse del futuro Corso. Un ruolo principale ebbero i complessi conventuali degli ordini religiosi: gesuiti, agostiniani, domenicani, benedettine, ma anche l’architettura civile o aristocratica partecipava a questa impresa e non solo sui fronti prospicienti i torrenti. La complessa morfologia della città, assestata lungo fianchi scoscesi, consentiva infatti affacci a quote diverse e determinava una gerarchia di vedute, assimilabile ai palchi di un teatro.
Come i palchi in un teatro
La possibilità di una veduta sul corso ha condizionato l’architettura cittadina, sia nelle grandi imprese monumentali, nei palazzi dell’aristocrazia, quanto nelle più quotidiane necessità abitative e sociali che i balconi e le terrazze denunciano.
Il palazzo comunale e “il salone”
L’edificazione del nuovo palazzo comunale di Modica comincia nel 1630, e si inserisce pienamente nella serie di interventi chiamati a definire i fronti della “strada maestra”. Se la posizione era scontata, alla confluenza dei torrenti, il progetto era dichiaratamente moderno: prevedeva un primo piano loggiato con sei arcate e un piano superiore scandito da lesene. L’idea di un balcone continuo, sopra il cornicione intermedio, era probabilmente ripresa dal palazzo municipale di Siracusa, in quel momento in costruzione. Accanto al palazzo nel 1666 venne poi realizzata una fontana dedicata a Ercole, compagno di Mozia, mitica fondatrice di Modica.
Il palazzo comunale e “il salone”
Sul “salone”, il tratto di corso alla confluenza dei torrenti, prospettano altri fastosi edifici, come il vasto complesso dei Domenicani (Sede del Municipio dopo l’Unità d’Italia), o palazzi aristocratici di elegante disegno.
L’architettura fantastica nei quadri di Carlo Cane
Suddivisi tra il Palazzo della Cultura (ex monastero delle Benedettine) e la chiesa di San Ciro si conservano a Modica cinque dipinti di scenografie urbane con scene di martirio, firmate dal pittore Carlo Cane. Esistono due pittori con lo stesso nome attivi in Seicento tra Piemonte e Lombardia, mentre sappiamo che i quadri inizialmente abbellivano il castello di Modica, importati da qualche funzionario che aveva precedentemente risieduto nel Ducato di Milano. La possibilità che scenografie di questo tipo fomentassero l’immaginario dei committenti impegnati nel rinnovamento di Modica non sono remote.
L’architettura fantastica nei quadri di Carlo Cane
Come nei quadri di Carlo Cane anche nella città reale e soprattutto nella nuova strada che costeggiava i torrenti si stava lentamente predisponendo una scenografia di prospetti, adatti ai nuovi tempi e alle esigenze di propaganda civica e di modernità.
Ponti e alluvioni
Già nel primo Settecento il padre Gesuita Emanuele Aguilera poneva l’accento sui ponti che collegavano i quartieri della città. La loro storia era però contrassegnata da periodici alluvioni che obbligavano a ingenti manutenzioni o a radicali ricostruzioni. Si conoscono gli effetti della devastante piena del 10 ottobre 1833. All’indomani della catastrofe si pose mano a un vero e proprio piano complessivo di ricostruzione di tutti i ponti cittadini, con una adeguata cura al decoro urbano, proprio mentre la città bassa si dotava di un Caffè e di un Teatro. Le rare rappresentazioni della Modica ante alluvione del 1902 (come quella di Tommaso Riolo) rendono solo parzialmente il fascino che doveva possedere la città prima che il Corso si trasformasse in un percorso/parcheggio per automobili.
Ponti e alluvioni
I preziosi disegni dell’Archivio di Stato di Modica rappresentano il piano di ricostruzione complessiva dei ponti, attuata da ingegneri del Genio dopo la grande alluvione del 1833. Spiccano nella documentazione nomi evocativi come un “ponte dei sospiri”, in evidente aderenza con il celebre ponte veneziano.