La decisione sulla nuova sede e il progetto di Rosario Gagliardi
Dopo il terremoto, la chiesa di San Giorgio, devastata dal sisma, venne riparata alla meglio in situ per consentire una continuità delle funzioni religiose, ma la posizione urbana della chiesa risultava oramai periferica. Dopo una serie di proposte diverse e un conseguente stallo decisionale, nel 1738 il vescovo di Siracusa, Matteo Trigona, trovò una mediazione, probabilmente ottenuta anche grazie al parere del suo architetto di fiducia, Rosario Gagliardi, che spinse per una ricostruzione complessiva e per il posizionamento della nuova chiesa nella zona centrale ai piedi del castello.
La decisione sulla nuova sede e il progetto di Rosario Gagliardi
Il progetto elaborato nel 1738 dall’architetto siracusano ottenne un preventivo consenso collegiale, subito dopo però sembrano essersi creati dei dissensi, tanto che il disegno definitivo venne approvato solo nell’estate del 1744.
Un disegno moderno e monumentale
La posizione lungo la strada maestra e in una posizione elevata consentiva all’architetto di predisporre un monumentale prospetto a tre registri, articolati da gruppi di colonne libere. L’interno seguiva le consuetudini locali in uso per le chiese madri, con un impianto basilicale con terminazioni absidate nel transetto, sostenuto stavolta da robusti pilastri piuttosto che da colonne. Le basi dei pilastri furono realizzate in pietra-pece, mentre tutta la struttura era in pietra a vista intagliata, almeno sino all’imposta delle grandi volte reali.
Un disegno moderno e monumentale
Le condizioni del luogo obbligarono l’architetto a orientare la chiesa verso est, in modo opposto alle usanze comuni, ma la pendenza, poi ricondotta a una scala nel corso del XIX secolo, contribuiva ad aumentarne la percezione monumentale.
Architetto, maestri e cantiere
Rosario Gagliardi seguì il cantiere ragusano a distanza, limitandosi a veloci sopralluoghi distanziati nel tempo. I documenti registrano spesso la sua presenza nella città in occasione della festa di San Giorgio, ma queste erano le circostanze in cui si verificava l’andamento della costruzione. Il rapporto di fiducia con le maestranze non sembra comunque mai essere stato messo in crisi. Nel tempo si verificarono ben poche variazioni rispetto al disegno approvato e l’esperienza dei costruttori e degli intagliatori garantì un risultato di grande impatto.
Architetto, maestri e cantiere
La pietra a vista e l’uso puntuale (per capitelli e pregio) di pietra nera, che ossidata diventava chiara, non determinavano alcuna bicromia. L’insieme veniva scialbato a calce per ottenere una cromaticità unitaria simile a quella delle chiese di Noto, effetto che è stato contraddetto dai restauri che hanno eliminato la patina.
Il successo della facciata
La facciata venne conclusa solo nel 1775, ben 13 anni dopo la morte di Gagliardi, ma quello che si intravvedeva dalle impalcature era già sufficiente per scatenare un formidabile processo di emulazione che coinvolse buona parte dei centri vicini. Il cambiamento di gusto che stava lentamente esautorando il barocco, nonostante l’arrivo di nuovi progetti e di architetti più giovani, venne bruscamente interrotto dal successo pubblico della facciata-campanile escogitata da Gagliardi e in quest’ottica si possono leggere architetture tarde realizzate in centri vicini.
Il successo della facciata
Nel comprensorio ibleo, da Buccheri a Scicli, sono numerose le facciate chiesastiche che sviluppano la strutturazione turriforme. Uno dei casi più tardi è quello della chiesa dell’Ecce Homo a Ragusa Alta.
La cupola
Solo nel primo XIX secolo il progetto di Gagliardi per la basilica di San Giorgio cominciò ad essere disatteso. L’episodio più dirompente fu certamente quello della costruzione della cupola, inaugurata nel 1820. La struttura, realizzata dall’imprenditore Carmelo Cultraro, era stata progettata dall’architetto Sebastiano Ittar, che aveva immesso nel contesto cittadino una nota dichiaratamente neoclassica. Con il tamburo integralmente composto da colonne, il progetto delineava una leggerezza aerea, alternativa al macchina di pietra del Gagliardi, e rimandava a modelli internazionali come la celebre cupola parigina del Pantheon.
La cupola
All’interno della cupola, Carmelo Cultraro appose una dichiarazione ambigua che testimoniava il suo reale impegno. La maggiore considerazione data ai costruttori, piuttosto che agli ideatori, ha finito per perpetuare il suo nome piuttosto che quello dell’architetto.