Il quartiere rupestre di «Chiafura» occupa un intero fianco della collina di San Matteo. Qui l’uomo vive in perfetta simbiosi con il territorio: anzi, addirittura, dentro di esso. Non si sa da dove derivi il nome Chiafura, ma si sa che fu uno dei primi quartieri di Scicli e che arrivò a contare migliaia di abitanti. Guardando il quartiere dalla collina di fronte, dal Convento della Croce, appare quella che Pasolini definiva «una specie di montagna del Purgatorio, con i gironi l’uno sull’altro, forati dai buchi delle porte delle caverne saracene». Un sentiero tortuoso sale dalla vallata verso i castelli, collegando diverse decine di grotte, abitate ancora fino alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso.
Scavare la roccia
Per secoli, generazioni di “aggrottati” hanno scavato, adattato, ampliato antiche tombe e grotte, adattandosi al territorio così come avveniva, contemporaneamente, in altri luoghi del Mediterraneo (da Matera alla Cappadocia).
L'abitato
Il quartiere di Chiafura era collegato alla Cava di San Bartolomeo, l’altro canyon di Scicli. Ogni giorno gli “aggrottati” scendevano fino al torrente (oggi coperto) per prendere l’acqua o per lavare i panni: un calvario quotidiano, che segnava la vita di questi poveri abitanti. Ma era proprio l’acqua che favoriva l’insediamento: il corso serpeggiante del torrente di San Bartolomeo dava vita all’abitato, che ben presto dalla collina cominciò a svilupparsi a valle, sulle due sponde del torrente, nel quartiere attorno alla chiesa di San Bartolomeo e in quello di San Giuseppe.
Il fenomeno rupestre
Il fenomeno rupestre non riguardava soltanto il quartiere di Chiafura, ma tutta la fascia che cingeva la collina di Scicli. E non si trattava solo di abitazioni in grotta, ma anche di chiesette, di magazzini, di stanze dietro i palazzi etc.: tutto ambienti che si potevano ricavare scavando nella roccia.
Le grotte di Chiafura
Le grotte abitate di Chiafura erano di solito formate da un unico vano. Qui, come ci dicono le testimonianze, «si dormiva, si cucinava, stavano sani e malati, vecchi e bambini, sposi e familiari e spesso anche le bestie». Nel 1959 le condizioni degli “aggrottati” furono oggetto dell’intervento di alcuni intellettuali sciclitani. Questi ottennero un sopralluogo di un gruppo di scrittori e artisti (fra i quali Pasolini, Guttuso e Levi) che realizzarono un reportage. Ne seguì uno scandalo che portò al trasferimento degli abitanti in abitazioni appositamente costruite nel «Villaggio Jungi».
Scatti antichi
Quando la famiglia cresceva e lo spazio diventava insufficiente, i proprietari ampliavano la grotta, scavando un vano aggiuntivo posteriore o un piano superiore. Di fronte alle grotte non mancava quasi mai un cortiletto e un piccolo orto. (Foto di Luigi Crocenzi da Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini, 1953).
La Chiesetta della Madonna di Piedigrotta
Un esempio di architettura rupestre ci viene offerto dalla chiesetta della Madonna di Piedigrotta. Situata alla fine della Cava di San Bartolomeo, di fronte al quartiere di Chiafura, questa chiesa in grotta è ancora attiva e visitabile. Essa venne fondata nel Cinquecento, e presenta un portale in muratura incastonato nella roccia. Il suo interno consiste in un grande camerone rettangolare e annesso un piccolo vano-sacrestia, entrambi ottenuti con una sapiente tecnica di scavo.
Interno della Chiesa dedicata alla Madonna di Piedigrotta
Le pareti di roccia della chiesa sono state abbellite con un intonaco bianco e un zoccolo rosso. In fondo si trova un altare barocco rivestito di marmo e incorniciato da due colonne. Sul margine della nicchia sono scolpiti i simboli della crocifissione (i chiodi e la scala) e due angeli che reggono una corona di spine.
Le grotte cisterne
Altro interessantissimo esempio di architettura rupestre sono le grotte “cisterne” situate alla base del colle di San Matteo, sotto via Loreto e di fronte Piazza Italia. Risalenti alla tarda età romana imperiale, questi grandi vani erano destinati alla conservazione di acqua o di derrate. In cima alle volte erano presenti dei buchi, poi ricoperti con lastroni che servirono da base per la strada. Attraverso questi fori venivano probabilmente versate le derrate. Purtroppo oggi le grotte, comunque vincolate dalla Soprintendenza, non sono visitabili.
Voyage pittoresque
Come nel caso delle Centoscale, anche per una di queste grotte il pittore francese Jean Houël ha realizzato un’incisione pubblicata nel suo Voyage pittoresque (1782-1787). Come scrive lo stesso autore, nella parte sinistra sono disegnati alcuni uomini che scavano la terra «per cercare tesori».