L’ultima regione descritta da Fazello è la “pedemontana”, cioè quella situata «ai piedi della montagna». Qui le pendici del vulcano (“radici”, le chiamava Fazello) si coprono di vegetazione e colture, manifestazione evidente della capacità dell’uomo di “creare” un paesaggio fertile su un territorio ostile. La terra vulcanica, lavorata con uno sforzo quasi titanico, diventa prodigiosamente fertile. Ne sono un esempio i terrazzamenti, realizzati con lo scopo di rendere pianeggianti le pendici spesso a forte pendenza. Da questa terra strappata al vulcano nascono, ad esempio, alcuni dei vini più forti della Sicilia.
È, questa, l’altra faccia dell’Etna: il vulcano “buono”, vicino all’uomo, che a differenza di quello “cattivo” (lontano, sulla cima) dona la fertilità. Ecco perché i paesi etnei rimangono sempre, caparbiamente, al loro posto, anche quando vengono distrutti dalla lava. Sono dei Titani, in perenne lotta con il vulcano.
La Piana di Catania
Dopo l’Etna, la Piana di Catania (a Chiana) che con i suoi quasi 500 km2 risulta essere una delle pianure più estese dell’Italia meridionale. La Piana viene separata da Catania e dalla regione etnea dal Simeto, il principale fiume della Sicilia per ampiezza del bacino. Questo fiume divideva anche il Val di Noto dal Val Demone: il suo corso era, infatti, un vero e proprio confine, superato un tempo da una serie di ponti, come il Ponte dei Saraceni (risalente, forse, all’età romana), o il ponte-acquedotto di Biscari, fatto costruire nel ‘700 da Ignazio Paternò Castello, o ancora il ponte di barche vicino alla foce del Simeto.
Già dall’antichità (quando veniva chiamata Ager Leontinus) la Piana era rinomata per la sua fertilità, venuta successivamente meno per inondazioni e malaria. Nel ‘700 iniziarono alcune opere di bonifica, culminate in un piano organico realizzato a inizio Novecento. Oggi la Piana è una delle aree agricole più importanti dell’isola, ricca soprattutto di aranceti (verso il mare) e di campi di cereali (verso l’interno).
Le coste
E, infine, il mar Jonio, che entra nel Golfo di Catania e bagna circa cinquanta chilometri di costa, da capo Mulini, vicino Acireale, fino a capo Campolato di Augusta.
A Nord del porto catanese, troviamo una costa rocciosa e frastagliata, nella quale si osserva Ognina, cioè quel che resta di un porto quasi sommerso dalla lava (forse l’antico Porto di Ulisse), il roccione su cui troneggia il Castello di Aci (Aci Castello) e l’arcipelago delle Isole dei Ciclopi. Una costa dove la Natura creata dal Vulcano si unisce al Mito creato dall’uomo.
A Sud di Catania, una costa sabbiosa che si estende lungo la Plaja fino alla foce del Simeto e, ancora più avanti, dei fiumi Gornalunga e San Leonardo, fino all’incantevole baia di Agnone. Qui, salendo sulla Costa Saracena, si ammira uno dei panorami più belli del territorio catanese: a sinistra, la Piana di Catania; di fronte, il Golfo che lambisce la città; e, sullo sfondo, l’Etna, “colonna del cielo”.