Le due Raguse conservano un buon numero di palazzi e dimore del Settecento. Rare però sono le testimonianze documentarie che consentano di fissare con più precisione le committenze, i responsabili del progetto e della costruzione, date di costruzione. All’interno di uno scheletro costruttivo consolidato (a due piani, con muri ortogonali che al primo livello, scandiscono gli spazi e stanze di maggiori dimensioni al secondo piano), l’interpretazione storica deve avvalersi soprattutto del linguaggio degli intagli del portale, delle aperture e dei balconi. Sono soprattutto questi elementi che consentono di assegnare il cosiddetto palazzo Zacco al secondo Settecento.
Il palazzo Zacco, porte e finestre
Palazzo Battaglia a Ragusa Ibla è uno dei rari casi dove sono noti gli esecutori e si conosce l’incarico dato a Gagliardi nel 1728 per il disegno della facciata. L’architetto dovette poi completarne il disegno con l’aggiunta di una nuova ala databile alla fine degli anni Quaranta del secolo.
Porte, finestre e mensole di balconi come elementi distintivi
Il palazzo Zacco venne realizzato nell’angolo di un isolato che prospettava sulla via perpendicolare alla strada maestra e dove era collocata la prima loggia comunale. A giudicare dal grande scudo angolare dovette essere commissionato dai baroni Melfi di Sant’Antonio. Le aperture mostrano l’adozione di forme bizzarre, con timpani spezzati e mistilinei, legati ai repertori del rococò che alcune botteghe di intagliatori iniziarono a utilizzare a partire dalla metà del XVIII secolo.
Porte, finestre e mensole di balconi come elementi distintivi
L’elite di possidenti e aristocratici che aveva contribuito a determinare la nuova città non ha lasciato tracce visibili delle proprie dimore. I palazzi che oggi definiscono il volto tardobarocco di Ragusa Alta, sono soprattutto tardo settecenteschi.
La moda rococò: la bottega dei Cultraro
Tra i protagonisti attivi nella promozione di questa nuova versione del barocco c’era certamente la bottega dei Cultraro. A questo gruppo di artigiani, che lavoravano in molteplici cantieri del Val di Noto, si deve la proliferazione di modelli rococò. Per quanto conosciamo oggi le stampe di porte, altari e finestre pubblicate per il mercato artigianale ad Augsburg ebbero un successo internazionale e numerose reinterpretazioni in pietra in questa zona della Sicilia. Gli esiti di questa produzione sono visibili in molteplici edifici come nel caso di palazzo Nicastro.
La moda rococò: la bottega dei Cultraro
In alcune occasioni la documentazione esplicita l’uso di modelli incisi, in particolare riferiti a Franz Xaver Habermann che è uno dei più prolifici incisori di modelli di architettura, usati in buona parte d’Europa e persino nelle Americhe.
Gli altari della chiesa dell’Idria
Tra i primi casi datati della nuova moda si possono ricordare due altari in pietra collocati nella chiesa dell’Idria, caratterizzati da forme che posseggono precise corrispondenze con le incisioni tedesche. I documenti del resto segnalano che si trattava di modelli selezionati in concordia tra committenti e artigiani. Uno dei maggiori indiziati in questo caso è Costantino Cultraro che possedeva riconosciute doti di scultore e non scartava la possibilità di cimentarsi nel campo della progettazione architettonica o nell’attività imprenditoriale di costruttore.
Gli altari della chiesa dell’Idria
La fantasia architettonica e l’ars combinatoria degli altari non riflettono improvvisazione o forme di stravaganza artigianale, quanto una diretta partecipazione locale a una moda che aveva successo in buona parte d’Europa.
La lunga onda del barocco
Come mostrano le aperture di palazzo Schininà (oggi vescovado), la scelta di portali e finestre con decorazioni asimmetriche o con superfici e trattamenti imitanti la stoffa perdurarono sino alla fine del XVIII secolo e in alcuni casi anche oltre. Se in buona parte d’Europa il barocco cominciava ad essere disprezzato e condannato, il gusto e l’artigianato locale faticarono ad accettarne l’archiviazione. Il successo popolare si scontrò con le pratiche elitarie e snobistiche di un certo neoclassicismo che non poteva contare sul sostegno di artigiani abituati a una tradizione e una pratica di lavoro meno prescrittiva e più aperta all’invenzione.
La lunga onda del barocco
La resistenza dell’architettura tardobarocca era dovuta anche alla sua efficacia comunicativa e alla preferenza popolare per le forme più opulente o bizzarre. Questa tendenza sopravvisse in architettura e ancora più a lungo in altri aspetti delle rappresentazioni sociali, come le feste patronali, la musica bandistica e i fuochi d’artificio.