Su corso Vittorio Emanuele si estende il prospetto di un palazzo tardo settecentesco, il più maestoso della città. Si tratta di palazzo Judica i cui caratteri rientrano all’interno delle comuni consuetudini architettoniche e compositive del Val di Noto. Come spesso succede, la documentazione archivistica sull’architettura civile è molto meno ricca di quella relativa alle istituzioni religiose e pertanto l’interpretazione delle architetture passa solo attraverso pochi indizi e l’esercizio dei confronti e delle analogie.
Un edificio del Settecento
La valenza urbana dell’edificio sembra scontata e deve avere avuto un ruolo nel fissare il filo degli isolati di una importante strada cittadina, peraltro collocato su uno degli ingressi alla città. Come spesso accade l’aristocrazia partecipava attivamente ai processi di modernizzazione e di propaganda civica.
Aristocrazia e rappresentazione
Il palazzo aspira a delineare una dimensione aulica per l’importante asse stradale pressoché rettilineo che si diparte dalla attuale piazza del Municipio, quello che inizialmente era lo slargo prospiciente la chiesa di San Sebastiano. Nella seconda metà del Settecento, gli Judica svolgono spesso il ruolo di procuratori della stessa chiesa, ne seguono l’andamento costruttivo e ne curano le economie. Diventa altamente plausibile che abbiano utilizzato per la propria residenza gli stessi architetti.
Aristocrazia e rappresentazione
Tra i candidati più plausibili al disegno del palazzo c’è sicuramente l’architetto ragusano Costantino Cultraro, versato nella decorazione rocaille, anche se i tempi di esecuzione furono certamente lunghi e guidati da altri maestri.
Un disegno raffinato
Sono molti i caratteri distintivi del palazzo che ne rivelano la raffinatezza di concezione. La facciata risulta tripartita da paraste giganti e i comparti estremi sviluppano un singolare sistema di collegamento tra le porte a piano terra, le finestre del mezzanino e il balcone superiore dove le aperture si duplicano. Questo medesimo sviluppo verticale si ritrova nella facciata laterale del palazzo Battaglia a Ragusa (dal 1748), dove persino la risoluzione dei timpani e la definizione decorativa delle porte sul balcone sono simili.
Un disegno raffinato
Il fastoso coronamento con vasi rientra nelle logiche di un prospetto rococò, dove la leggerezza degli intagli e le sculture svettanti, proiettate contro il cielo, dialogano con l’atmosfera.
Un modello per l’architettura civile?
Con la sua cadenzata monumentalità, palazzo Judica sembra avere aperto le porte all’architettura locale del XIX secolo, che non di rado usa partiture con ordine gigante. Probabilmente anche l’allineamento con il palazzo comunale non è casuale, sebbene quest’ultimo edificio insista sulle fondazioni di un precedente complesso conventuale. Tuttavia il corso Vittorio Emanuele si apre proprio con la sequenza di una importante chiesa, del principale edificio pubblico cittadino e di un palazzo aristocratico: quasi una perfetta sintesi dei diversi attori che hanno guidato le sorti di una città, alle soglie dell’età contemporanea.
Un modello per l'architettura civile?
Il ruolo della committenza, che sembra giocare un ruolo di primo piano nel contesto civico, si ripercuote nella posizione, nelle dimensioni e nelle scelte eclettiche del linguaggio del palazzo.
Tra libertà e ritorno all’antico
La costruzione del palazzo Judica viene solitamente assegnata al 1790, che forse costituisce l’anno del completamento. Questa data tarda spiega la compresenza di intagli della moda definita “rocaille” e di una serie di raffigurazioni scultoree, inserite tra le mensole dei balconi, che rimandano invece alla nuova cultura antiquaria e al collezionismo diffuso di monete e medaglie antiche, per le quali è famoso anche un esponente della famiglia come Gabriele Iudica. Difficile però è immaginare che ci sia stata contemporaneità tra l’esecuzione del progetto e la sua esecuzione.
Tra libertà e ritorno all’antico
Scegliendo di percorre una linea di confine tra rococò e citazioni dell’incipiente neoclassicismo, due opzioni difficilmente conciliabili, il palazzo evoca allo stesso tempo frivolezza e austerità.