Siracusa archeologica
La più bella e più grande delle città della Sicilia
Secondo lo storico ateniese Tucidide Siracusa fu fondata da coloni provenienti da Corinto nel 733 a.C. I Corinzi, guidati dal nobile Archia, si stabilirono nell’isola di Ortigia dopo avere cacciato i Siculi che la abitavano. Il luogo prescelto, ricco di risorse idriche, era ideale per la sua posizione dominante il più grande porto naturale della Sicilia. Quasi contemporaneamente i Corinzi si stabilirono nella terraferma, alla foce del fiume Syrakò, nel quartiere di Acradina, collegato all’isola da un ponte. Vediamo così costituirsi sin dall’inizio un’articolazione in due poli urbanistici, la città di dentro (Ortigia) e la città di fuori (Acradina/Borgata Santa Lucia), che segneranno tutta la storia urbanistica di Siracusa, fino alla recente caotica espansione edilizia.
La ninfa Aretusa
Tra le sorgenti di acqua dolce di Ortigia, la più celebre è quella che prende il nome da Aretusa, una ninfa del corteggio della dea Artemide, le cui acque, secondo il mito, si mescolano con quelle di Alfeo, il fiume di Olimpia, che si era invaghito della ninfa siracusana.
Le città nella città
Il grande oratore e politico romano, Cicerone, che fu questore in Sicilia, definì Siracusa la più bella e più grande delle città della Sicilia, e la descrisse come formata dall’insieme di quattro città (urbes): l’isola (Ortigia), Acradina, Tiche e Neapoli, oggi interessate dall’espansione edilizia della città moderna. A questi quartieri, che formavano la grande e popolosa Siracusa ellenistica di Ierone II e di Archimede, il geografo Strabone aggiunse anche Epipole, l’altipiano calcareo triangolare che nel vertice interno, denominato Eurialo, ospita una delle opere di fortificazione più complete dell’antichità greca.
Le città murate
Tutti i quartieri di Siracusa, prima di essere racchiusi dalla grande cinta costruita da Dionisio il Vecchio, erano difese da proprie mura, i cui resti solo in parte sono stati individuati dagli scavi occasionali effettuati in diverse zone della città moderna.
La città dei due porti
Con la sua forma protesa nel mare l’isola di Ortigia determina due porti naturali: il porto grande, chiuso a sud dal capo Plemmirio e il porto piccolo (l’antico Lakkios) a nord-est, che presenta oggi dimensioni ridotte a causa delle profonde alterazioni della costa.
L’isola e il suo mare
L’isola di Ortigia, la “città di dentro” nella definizione di Tucidide, ‘u scogghiu (lo scoglio) secondo l’affettuosa denominazione dei Siracusani di oggi, è il luogo che manifesta con maggiore evidenza i valori storico- culturale che hanno contribuito alla formazione dell’identità di Siracusa. Spazi urbani come la piazza Duomo, ininterrotto centro dei culti religiosi dall’epoca greca alla moderna, o come la passeggiata della Marina, da cui si coglie la superba vista del grande porto naturale chiuso dalla penisola del Plemmirio, sono luoghi che evocano i legami profondi con le origini di Siracusa, le cui radici ci riconducono a epoche anche precedenti la fondazione corinzia.
Continuità di tracciati
La città moderna ricalca con le sue stradine l’urbanistica della città greca impostata su una strada più larga (plateia) sull’asse longitudinale dell’isola da sud a nord, e strade più strette (stenopoi), perpendicolari a essa che scendevano verso il mare.
Ortigia, l'acropoli della città greca
Ortigia, per le sue difese naturali e artificiali, divenne la sede prediletta dei tiranni siracusani. Dionisio I, vi costruì un palazzo cinto da mura e dotato di ampi giardini, ubicato probabilmente nella parte centrale dell’isola, in prossimità del ponte.
Un castello sul mare
La punta estrema di Ortigia, occupata dall’imponente mole del castello Maniace, per la sua posizione protesa verso il Plemmirio doveva certamente essere fortificata anche in epoca greca. In questa zona si ipotizza sorgesse un tempio dedicato a Hera.
Brano letterario
da "Verrine" di Cicerone
Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte. La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte, e inoltre bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra che per mare, e possiede due porti quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici della città. Questi porti hanno ingressi diversi, ma che si congiungono e confluiscono all’altra estremità. Nel punto di contatto, la parte della città chiamata l’isola, separata da un braccio di mare, è però riunita e collegata al resto da uno stretto ponte. La città è così grande da essere considerata come l’unione di quattro città, e grandissime: una di queste è la già ricordata ‘isola’, che, cinta dai due porti, si spinge fino all’apertura che da accesso ad entrambi. Nell’isola è la reggia che appartenne a Ierone II, ora utilizzata dai pretori, e vi sono molti templi, tra i quali però i più importanti sono di gran lunga quello di Diana e quello di Minerva, ricco di opere d’arte prima dell’arrivo di Verre. All’estremità dell’isola è una sorgente di acqua dolce, chiamata Aretusa, di straordinaria abbondanza, ricolma di pesci, che sarebbe completamente ricoperta dal mare, se non lo impedisse una diga di pietra. L’altra città è chiamata Acradina, dove è un grandissimo Foro, bellissimi portici, un pritaneo ricco di opere d’arte, un’amplissima curia e un notevole tempio di Giove Olimpio; il resto della città, che è occupato da edifici privati, è diviso per tutta la sua lunghezza da una larga via, tagliata da molte vie trasversali. La terza città, chiamata Tycha perché in essa era un antico tempio della Fortuna, contiene un amplissimo ginnasio e molti templi: si tratta di un quartiere molto ricercato e con molte abitazioni. La quarta viene chiamata Neapolis (città nuova), perché costruita per ultima: nella parte più alta di essa è un grandissimo teatro, e inoltre due importanti templi, di Cerere e di Libera, e la statua di Apollo chiamata Temenite, molto bella e grande, che Verre, se avesse potuto, non avrebbe esitato a portar via.
Ascolta il brano letterario
2'24'', da "Verrine" di Cicerone
Brano letterario
dagli "Atti degli Apostoli (28,11-13)"
Dopo tre mesi salpammo con una nave di Alessandria, recante l’insegna dei Diòscuri, che aveva svernato nell’isola. Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni.
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