Secondo lo storico greco Tucidide, Catania venne fondata nel 729-728 avanti Cristo da un gruppo di Calcidesi provenienti da Naxos. Successivamente, la città, contesa da Ateniesi e Siracusani, venne conquistata nel 263 a.C. dai Romani. Per circa sette secoli essa fu una delle principali città romane. Sotto l’imperatore Augusto, la città ampliò il suo territorio acquisendo la fertile piana a Sud del Simeto, prima controllata da Leontini. L’importanza di Catania durante l’antichità greco-romana è testimoniata dai numerosi edifici monumentali (tra i quali il «Colosseo nero»), molti dei quali, però, oggi non sono più visibili, perché seppelliti dalla lava o coperti dalle abitazioni.
Una ricostruzione di Jean Houël
Un’interessante ricostruzione settecentesca di Jean Houël degli edifici greco-romani dell’antica Catania. Dall’alto in basso spiccano l’anfiteatro di Piazza Stesicoro (oggi visibile solo in minima parte) e il Teatro con accanto l’Odeon. In basso, sepolta dall’eruzione del 1669, l’antica Naumachia.
U Liotru
In questa foto vediamo la statua dell’Elefante (u Liotru), simbolo di Catania. Strettamente legata al mondo bizantino, essa diventa elemento identitario soprattutto in età musulmana. «Il Paese dell’Elefante»: così il geografo arabo Idrisi chiamava Catania a metà del XII secolo, aggiungendo: «L’elefante è un talismano di pietra in forma di quell’animale. Ne’ tempi andati esso stava in vetta di un alto edifizio». Divenuto insegna della città dopo il 1239, quando la città si liberò dalla giurisdizione feudale del vescovo, l’elefante venne collocato nella piazza principale già dall’inizio del ‘500. Dopo il terremoto del 1693, esso ebbe restaurate le zampe e la proboscide, e venne inserito dall’architetto Vaccarini nella fontana realizzata nel 1736.
La Cappella Bonajuto
Alla Catania bizantina risale la Cappella Bonajuto, un importante monumento che, nelle sue parti più antiche, risale al VI-VIII secolo dopo Cristo. La chiesetta bizantina, con una bellissima volta a vela con lucernario, si trovava in un’area in origine extra-urbana, ma che dall’XI secolo era diventata zona di espansione della Catania medievale. La cappella è sopravvissuta ai terremoti del 1169 e del 1693, e nel periodo aragonese è stata inglobata nel palazzo della famiglia Bonajuto, divenendone la cappella di famiglia.
La Cattedrale
Tra il 1071 e il 1081 Catania venne conquistata dai Normanni, poi ripresa dall’emiro di Siracusa e infine definitivamente conquistata dal Gran Conte Ruggero. Quest’ultimo preferì creare una struttura civile ed ecclesiastica nuova, al fine di assoggettare la popolazione e il territorio, e contemporaneamente, dopo il 1078, fece costruire una chiesa-fortezza, munita di torri e di mura, in grado di controllare la città e, soprattutto, il porto. Nacque così la Cattedrale di Catania, unico importante esempio catanese (anche se parziale) di quella architettura siculo-normanna nata dalla commistione delle culture presenti a quel tempo nell’isola.
La cattedrale normanna
Della cattedrale “normanna” di Catania restano soltanto parte delle mura, del transetto e le absidi, visibili dietro l’edificio e all’interno della chiesa. Diversi terremoti (soprattutto quello del 1169) e l’incendio voluto da Enrico VI, figlio del Barbarossa, distrussero, infatti, l’antica cattedrale, che oggi vediamo nella veste data dall’architetto Vaccarini dopo il terremoto del 1693.
Gamma Zita
Alla morte di Federico II di Svevia (1250) iniziò per la Sicilia un periodo turbolento che sfocerà nelle Guerre del Vespro combattute tra Angioini e Aragonesi. Celebre è l’episodio avvenuto a Palermo nel 1282 (i Vespri siciliani); ma anche Catania ebbe la sua leggenda: quella di Gamma Zita. Come ci racconta lo studioso Giuseppe Pitrè, si trattava di una bellissima giovane catanese che, recandosi in chiesa per sposare un suo compaesano, venne inseguita da uno «sgherro provenzale» che voleva «fare oltraggio al suo pudore». Non potendo sfuggire il pericolo, la giovane si gettò in una fonte, dove annegò. Da allora quelle acque vennero dette «di Gamma Zita». L’episodio, immortalato nell’Ottocento in uno dei lampioni di Piazza Università, viene ricordato ancora oggi.
Il fonte di Gamma Zita
Nel Seicento, le acque vennero imbrigliate in una serie di fontane che, però, furono sepolte dall’eruzione del 1669. A metà Settecento venne realizzato un pozzo, profondo circa 14 metri, con una scalinata addossata alle lave e a quel che rimaneva della cinta muraria.
Gli Aragonesi
Tra fine ‘200 e inizio ‘300, nel pieno autunno del Medioevo, Catania entrò a far parte del dominio aragonese. La «terza sorella delle città del Regno» (dopo Palermo e Messina) visse, tra ‘300 e ‘400, un momento di grande importanza, favorita com’era dal rapporto privilegiato con la casa regnante d’Aragona. A Catania soggiornò spesso la corte, e alla città venne concesso, nel 1434, il privilegio di ospitare il Siciliae Studium Generale (l’Università degli Studi). Testimonianza di questo legame sono i sarcofagi di alcuni sovrani aragonesi, custoditi nella Cattedrale. In quello della regina Costanza (morta nel 1363) vi è anche scolpita la prima rappresentazione grafica del Duomo e della Loggia dei Giurati.
Balcone di Palazzo Platamone
Della Catania tardo medievale e rinascimentale non è rimasto quasi nulla. L’eruzione del 1669 e il terremoto del 1693 ci hanno lasciato poche tracce. Tra queste, lo splendido frontone del balcone di Palazzo Platamone, risalente al ‘300. Oggi si trova all’interno del cortile dell’ex convento di San Placido.
Gli Asburgo di Spagna
Nel ‘500 il Regno di Sicilia (e, con esso, Catania) passò dalla corona d’Aragona a quella degli Asburgo di Spagna: dapprima Carlo V, e dopo di lui il figlio Filippo II, ne divennero i sovrani legittimi. Catania entrò così in sistema politico ed economico che univa la Spagna al regno di Napoli e a Milano, ma anche ai Paesi Bassi e ai possedimenti spagnoli nel Nuovo Mondo, e che vedeva il suo fulcro nel Mediterraneo occidentale. Contro questo blocco si mosse l’Impero Ottomano. A causa del pericolo turco, anche Catania dovette munirsi di una cinta muraria, realizzata con l’assenso di Carlo V (ma con i soldi dei Catanesi). Dalla metà del ‘500 vennero, quindi, costruite le mura “spagnole”, oggi ancora visibili nella loro monumentalità nel lungo tratto che delimita via Dusmet.
Il Bastione degli Infetti
Una veduta aerea che mostra la simbiosi tra morfologia urbana e mura del Cinquecento. Uno dei principali bastioni, il «Bastione degli Infetti» (così detto perché vi venivano isolati gli ammalati di peste), disegna l’andamento dell’attuale via Plebiscito. In foto è ancora visibile una parte dell’antica struttura. Il resto delle mura è stato riutilizzato per le abitazioni civili.
Palazzo Biscari
Venuto meno il pericolo “turco”, le mura di Catania persero la loro funzionalità. Esse vennero quindi riutilizzate quasi sempre come civile abitazione. Ne è un esempio il palazzo dei Principi di Biscari, una delle famiglie più importanti e potenti della città. Costruito a partire dalla fine del Seicento, esso ebbe la sua migliore fase costruttiva a inizio ‘700, quando vennero realizzati, in particolare, gli splendidi finestroni sulla Marina. In questo palazzo tutti i viaggiatori del Grand Tour venivano a far visita a Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari, guida per eccellenza e nume tutelare delle élites culturali del tempo. Anche Goethe venne ricevuto nel palazzo costruito sulle mura di Carlo V.
Porta Uzeda
Fra le modifiche all’antica cinta muraria vi fu anche l’apertura di nuove porte. È il caso di Porta Uzeda, intitolata all’omonimo vicerè spagnolo. Essa venne realizzata dopo il terremoto del 1693 per consentire il collegamento tra il Porto e la piazza principale. Al di sopra di essa, venne realizzato un edificio di passaggio tra il seminario dei Chierici, il Palazzo Arcivescovile e il Duomo di Sant’Agata.
Due grandi calamità
Due grandi calamità modificarono notevolmente l’assetto urbanistico di Catania e il suo rapporto con il territorio: l’eruzione del 1669 e il terremoto del 1693. La prima, una delle eruzioni più disastrose della storia, la vediamo raffigurata in questo grande affresco realizzato nella sagrestia della Cattedrale. La lava uscì a circa 1.000 metri sul livello del mare, dando vita ai Monti Rossi, e in diversi mesi raggiunse e distrusse numerose città, arrivando infine a Catania. Qui seppellì alcuni tratti della cinta muraria, ricoprì il grande vallone a sud della città (sommergendo alcuni antichi monumenti romani, come la Naumachia) e raggiunse il mare, distruggendo il Porto. La morfologia di tutto il territorio a sud del Vulcano subì così una trasformazione irreversibile.
Il terremoto del 1693
L’altra grande calamità, il terremoto del 1693, viene qui rappresentata in una rara incisione tedesca. Il sisma distrusse diverse decine di città del Val di Noto, e rase quasi completamente al suolo Catania. Bisognò attendere quasi un decennio prima che venisse avviata la ricostruzione di una “nuova” città.